Responsabilità enti

Gli infortuni sul lavoro e la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche

Di recente la Cassazione penale è tornata a pronunciarsi sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per reati derivanti dalla violazione della normativa in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro.

Destinatario principale della normativa antinfortunistica è il datore di lavoro, il quale oltre a dover rendere sicuro l’ambiente di lavoro, predisponendo i mezzi idonei a prevenire incidenti e malattie professionali,  ha l’onere di formare e informare i lavoratori sul rispetto delle norme antinfortunistiche, adottando, eventualmente nei confronti di questi ultimi, sanzioni disciplinari qualora non si adeguino a tali disposizioni.

Il datore di lavoro può tuttavia delegare ad altra persona, ad esempio il capocantiere, il compito di assicurare il rispetto e l’osservanza delle norme antinfortunistiche.

Qualora dalla violazione di tali norme derivino lesioni personali al lavoratore -come nel caso di cui si è occupata la Cassazione penale con la sentenza del 9 dicembre 2019 n.49775- il datore di lavoro o il destinatario dell’obbligo di adottare le necessarie misure di prevenzione, risponderà del reato di lesioni personali colpose ai sensi dell’art. 590 comma 3 del codice penale.

Le norme di prevenzione antinfortunistica tutelano il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua negligenza, imprudenza e imperizia.

Tuttavia in tal caso la responsabilità del datore di lavoro può essere esclusa se la condotta dell’infortunato sia stata del tutto imprevedibile e abbia assunto i caratteri della eccezionalità, abnormità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute (Cass pen sez IV 2009/15009).

La responsabilità amministrativa delle persone giuridiche da reato

La responsabilità amministrativa delle persone giuridiche è stata introdotta nel nostro ordinamento giuridico con il Dlgs 231/2001.

Presupposto fondamentale di tale forma di responsabilità è la commissione di reati da parte di soggetti che rivestono posizione apicale o siano sottoposti alla direzione o alla vigilanza di questi ultimi e che abbiano agito nell’interesse o a vantaggio dell’ente.

Tra i reati,  espressamente previsti dal Dlgs 231/2001,  figurano l’omicidio colposo o le lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela e la sicurezza sul lavoro.

Affinchè l’ente possa andare esente da responsabilità amministrativa, dovrà dimostrare di aver adottato efficacemente dei modelli di comportamento adeguati all’attività sociale e volti ad impedire la commissione di reati come quelli di cui, in concreto, la società è chiamata a rispondere.

Il regime sanzionatorio  si rivela particolarmente rigido per l’ente, potendo esprimersi in sanzioni pecuniarie, interdittive (interdizione dall’esercizio dell’attività, sospensione o revoca di autorizzazioni o licenze; l’esclusione di agevolazioni, finanziamenti o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi, il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione), confisca e pubblicazione della sentenza di condanna.

I criteri di imputazione oggettiva della responsabilità amministrativa: l’interesse o il vantaggio per l’ente

Ai sensi dell’art. 5 del Dlgs 231/2001 l’ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio.

Con particolare riferimento al reato derivante dalla violazione delle norme antinfortunistiche, l’interesse cui fa riferimento la norma citata, riguarda la condotta del soggetto agente che abbia violato la normativa cautelare con il consapevole intento di conseguire un risparmio di spesa per l’ente, e ciò indipendentemente dal suo effettivo raggiungimento.

Tale requisito ricorre quindi, nel caso in cui l’agente, pur non volendo l’evento (ovvero l’infortunio del lavoratore), abbia consapevolmente violato la normativa antinfortunistica, allo scopo di soddisfare un interesse dell’ente, a prescindere dalla consistenza, rilevante o meno, di tale interesse.

Secondo la giurisprudenza di legittimità tale risparmio di spesa può consistere nella riduzione dei tempi di lavorazione, nel risparmio sui costi di consulenza o per la formazione del personale.

Il vantaggio per l’ente invece sarebbe ravvisabile quando l’autore del reato abbia violato sistematicamente le norme antinfortunistiche, ricavandone oggettivamente un qualche vantaggio per l’ente, sotto forma di risparmio di spesa o di massimizzazione della produzione e indipendentemente dalla volontà di ottenere il vantaggio stesso (Cass. penale Sez. IV n.38363 del 23.05.2018).

La recente giurisprudenza richiamando i principi consolidati in materia, osserva come sia necessario, ai fini della configurabilità della responsabilità dell’impresa, accertare in concreto le modalità del fatto e verificare se la violazione della normativa sulla sicurezza sul lavoro -che ha determinato l’infortunio- rispondesse ad un interesse della società o abbia consentito alla stessa di conseguire un vantaggio.

Nel caso quindi in cui sia stata accertata la responsabilità penale del datore di lavoro o del suo preposto, “occorre indicare puntualmente quale interesse o vantaggio sia ravvisabile nell’ agire dell’ente stesso, ovvero in che cosa sarebbe esattamente consistito l’interesse o il vantaggio della società perseguito con la condotta criminosa” (onere questo che grava sulla pubblica accusa).

Ciò al fine di evitare una indebita equazione tra responsabilità penale della persona fisica e responsabilità amministrativa dell’impresa,  che non sarebbe coerente con l’articolata disciplina posta dal Dlgs 231/2001 in materia di responsabilità dell’ente da reato (Cass.penale Sez IV n.443656/2019).

Conclusioni

I principi appena esposti in materia di imputazione oggettiva della responsabilità amministrativa dell’ente, sono stati richiamati dalla giurisprudenza penale in materia di reati ambientali di natura colposa e con particolare riferimento alla mancata adozione di cautele necessarie ad evitare l’inquinamento.

Secondo quanto sancito dalla Cassazione penale con la sentenza del 27 gennaio 2020 n. 3157 infatti, la mancata predisposizione di misure volte a prevenire i reati ambientali, se ” inserita all’interno di scelte aziendali consapevoli”, determina la responsabilità amministrativa dell’ente in questione.

Ciò nonostante – e a nulla rilevando-  la mancanza in materia di reati ambientali, di linee guida cui uniformare i modelli di organizzazione aziendale come previsto invece in materia di infortuni sul lavoro.

Anche per i reati ambientali infatti,

“l’interesse e il vantaggio per l’ente vanno individuati sia nel risparmio economico per l’ente determinato dalla mancata adozione di impianti o dispositivi idonei a prevenire il superamento dei limiti tabellari, sia nell’eliminazione di tempi morti cui la predisposizione e manutenzione di detti impianti avrebbe dovuto dare luogo, con economizzazione complessiva dell’attività produttiva” (Cassazione Penale Sez. III, sent. 27 gennaio 2020 n.3157).

 

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