Oblio

Oblio: il diritto di essere dimenticati nell’era digitale

Internet ci mette costantemente alla prova con la nostra capacità di seppellire i ricordi, ostacolando, come osserva Kate Eichhorn esperta di media, la nostra capacità di “eliminare ciò che deve essere eliminato e andare avanti”.

Il web ha la memoria illimitata e senza tempo e le informazioni reperibili attraverso i motori di ricerca, risultano prive di contestualizzazioni e di collegamento con altre informazioni pubblicate.

Di recente la giurisprudenza sovranazionale si è pronunciata in materia di diritto alla deindicizzazione ovvero alla rimozione dai motori di ricerca di informazioni personali o dati irrilevanti o obsoleti diffusi in rete (c.d diritto all’oblio).

Tradizionalmente il diritto all’oblio è inteso come il diritto di ciascuna persona a non vedere divulgate notizie che la riguardano dopo un notevole lasso di tempo dal momento in cui si sono verificate e delle quali si “sia spenta la memoria collettiva”.

Nell’era digitale tale diritto si basa sull’art. 17 del Regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali- GDPR- che sancisce il diritto dell’interessato ad ottenere la cancellazione dei propri dati personali quando non siano più necessari per i fini rispetto ai quali sono stati raccolti, quando l’interessato revoca il proprio consenso o vi si oppone, salvo che non sia necessario garantire il diritto di informazione o per fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica.

Causa C-131/12 Google /Spain

Il diritto dell’utente alla rimozione dai motori di ricerca di dati personali è stato consacrato a livello sovranazionale dalla Sentenza Google Spain della Corte di Giustizia dell’Unione europea secondo la quale

il diritto dell’interessato a chiedere che l’informazione che lo riguardi non venga più messa a disposizione del grande pubblico, mediante la sua inclusione in un elenco accessibile tramite Internet, prevale sull’interesse economico del gestore del motore di ricerca ed anche su quello del pubblico a reperire tale informazione in rete. Ciò salvo non vi siano ragioni particolari, come il ruolo ricoperto da tale persona nella vita pubblica, tale da rendere preponderante e giustificato l’interesse del pubblico ad avere accesso a tale informazione.

Causa c-507/17 Google Cnil

Di recente la Corte di Giustizia è intervenuta nuovamente sul diritto all’oblio on line limitando il diritto dell’interessato alla deindicizzazione alle versioni del motore di ricerca corrispondenti a tutti gli Stati membri, atteso che il diritto europeo non contempla alcuna norma che garantisca la piena tutela di tali dati personali oltre il territorio degli stati membri e che molti stati terzi non riconoscono tale diritto.

Allo stato attuale, osserva la Corte, non esiste un obbligo per il motore di ricerca di effettuare tale deindicizzazione su tutte le versioni del suo motore di ricerca né il diritto dell’Unione europea prevede attualmente strumenti e meccanismi di cooperazione per quanto riguarda la portata di una deindicizzazione al di fuori dell’Unione stessa.

Il Garante della privacy, giudicando anacronistica la barriera territoriale imposta dalla Corte in un mondo globalizzato, ha rilevato come tale decisione renderà più difficile l’effettività del diritto all’oblio e che “l’equilibrio tra diritto di informazione e dignità personale, raggiunto in Europa anche grazie alla disciplina dell’oblio, dovrebbe rappresentare un modello a livello globale”.

Al riguardo occorre sottolineare tuttavia che la stessa Corte di Giustizia osserva come il diritto dell’Unione, pur non imponendo allo stato attuale che la deindicizzazione verta su tutte le versioni del motore di ricerca in questione, neppure lo vieta.

Pertanto, un’autorità di controllo o un’autorità giudiziaria di uno Stato membro resta competente ad effettuare, conformemente agli standard nazionali di protezione dei diritti fondamentali, un bilanciamento tra il diritto della persona interessata alla tutela della sua vita privata e alla protezione dei suoi dati personali, da un lato, e il diritto alla libertà d’informazione dall’altro e, al termine di tale bilanciamento richiedere, se del caso, al gestore di tale motore di ricerca di effettuare una deindicizzazione su tutte le versioni di suddetto motore.

Diritto all’oblio e rievocazione storica come espressione della libertà di stampa

Ricordiamo infine che anche le Sezioni Unite della Cassazione civile con la recente sentenza 19681/2019 si sono pronunciate sul diritto all’oblio con riferimento alla rievocazione da parte di un quotidiano di un tragico episodio di cronaca giudiziaria avvenuto 27 anni prima e che aveva cagionato un grave danno all’onore e alla reputazione del protagonista di quella vicenda ormai completamente riabilitatosi.

Come rilevato dalla giurisprudenza con il trascorrere del tempo viene a mutare il rapporto tra diritto alla riservatezza, riconosciuto come diritto fondamentale dell’uomo dall’art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e diritto all’informazione, (di cui la rievocazione storica è espressione) altrettanto fondamentale.

Al fine di bilanciare correttamente tali contrapposti diritti, le Sezioni Unite consolidando gli approdi raggiunti in materia di diritto all’oblio, confermano come quest’ultimo debba cedere il passo al diritto della collettività ad essere informata in presenza di determinate condizioni fra le quali, la notorietà dell’interessato, il suo coinvolgimento nella vita pubblica e l’interesse effettivo ed attuale alla diffusione della notizia.

 

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